Adolescenti e relazioni ai tempi dei social

Internet, gli smartphone, i social network sono degli strumenti molto utili per tanti motivi: le opportunità di apprendimento si sono moltiplicate praticamente all’infinito, così come le occasioni di confronto e di scoperta di mondi, culture e soluzioni diverse dalle proprie. La rete offre la possibilità di restare in contatto con persone lontane, di condividere risorse, quindi di essere una risorsa anche per le relazioni.

I rischi a cui espongono non sono da sottovalutare ma dipendono in gran parte da come li si utilizza.

Il problema spesso non è l’uso dei social network e delle chat, ma e soprattutto per gli adolescenti quando diventano praticamente l’unico modo di stare in relazione.

Per alcuni adolescenti, infatti, essi rappresentano una tentazione irresistibile nella misura in cui, mettendo una distanza fisica tra sé e l’altro, creano l’illusione di poterli liberare da una gran parte dei problemi relazionali tipici della loro età: il bisogno di appartenere e di essere approvati, la paura di non piacere, il terrore del rifiuto. L’altro non mi vede, quindi posso mostrargli solo le parti di me che ritengo accettabili, e io non vedo l’altro, perciò posso osare di più.

Molte di queste relazioni possono essere del tutto virtuali, cioè non corrispondere a una conoscenza faccia a faccia, fisica. In questi casi, tuttavia, virtuale è sinonimo – e non contrario – di reale: si tratta di vere e proprie amicizie, a volte anche molto profonde poiché ci si sente più liberi di aprirsi; non c’è il rischio che poi l’amico o l’amica tradisca la fiducia e tutta la classe venga a sapere i proprio segreti. Si tratta di relazioni vere, quindi, ma con più ampie possibilità di mantenerne il controllo: ti mostro chi sono veramente, ma solo fino a un certo punto, solo fino a dove voglio io.

Da una parte può essere un modo sano di sperimentarsi nelle relazioni e acquisire una maggiore sicurezza aumentando l’autostima se poi ci si dà la possibilità di metterla  in gioco in contesti fuori rete.

Dall’altra, però, si può trattare di un modo poco efficace per gestire la paura di mostrare se stessi, perché nemmeno centinaia di km di distanza possono sciogliere il dubbio di venire rifiutati se l’altro scoprisse veramente come siamo fatti, se questo è quello che si pensa di se stessi. Questo succede quando non c’è una reale consapevolezza che gestire le relazioni in questo modo non sia completamente realistico e soprattutto crei un divario spesso profondo tra ciò che siamo e quello che vorremmo essere.

La distanza permette di tenere a bada le frustrazioni, ma fino a un certo punto: cosa succederà quando ci troveremo a tu per tu? Cosa diremo? Ci piacerà passare del tempo assieme? Per un ragazzo comunicare online può diventare più gratificante di uscire insieme, perché l’imbarazzo, la noia, la paura vengono minimizzati. Questo tipo di interazioni, tuttavia, non riesce a soddisfare pienamente il bisogno di vicinanza e di relazione che ci caratterizza in quanto esseri umani: il paradosso, per alcuni adolescenti, sembra essere che più questo bisogno cresce, più cercano di appagarlo aumentando il tempo passato sui social o in chat, più aumenta l’insoddisfazione. Quasi sempre questo circolo vizioso avviene a un basso livello di consapevolezza, favorendo una vera e propria dipendenza da internet.

Cosa possono fare gli adulti?

Proibire non serve a molto, soprattutto per i ragazzi più grandi. Quello che si può fare, sicuramente in modo più lento e con più fatica da parte delle famiglie, è educare i bambini e i ragazzi a un uso consapevole e intelligente della tecnologia fin dalla più tenera età.

Questo significa, in primo luogo, dare l’esempio. Inutile poi proibire l’uso del telefonino ai ragazzi se si fa fatica ad alzare gli occhi dal proprio. È difficile insegnare a comunicare se non lo si fa in prima persona, e lo è ancora di più aiutare i propri figli a svincolarsi dal bisogno di approvazione altrui se si dipende dal proprio successo “social”.

Non smettere di ascoltare e di parlare con i bambini e i ragazzi, per quanto sia complesso farlo durante il periodo adolescenziale. Lo smartphone, internet, i social network di per sé non sono negativi: sono degli strumenti che, qualora ci sia un disagio o una fragilità personale, possono fare da veicolo per una sua manifestazione. Il focus è, prima di tutto, aiutare il ragazzo a riconoscere la propria difficoltà, sostenendolo nell’esplorare ciò che lo blocca e le possibili soluzioni alternative al telefonino

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